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Aumento della rata del mutuo a tasso variabile: cosa accade ai cittadini?

Lo conferma l’Osservatorio SalvaLaTuaCasa di Save Your Home, realizzato da Nomisma e presentato alla Camera dei Deputati: nel biennio 2022-2023 i 95 miliardi di mutui erogati a tassi più elevati rispetto al recente passato hanno fatto quasi raddoppiare il tasso medio delle consistenze, superando il 3%.

Un effetto accentuato dalla quota di mutui a tasso variabile, che hanno registrato un picco tra settembre 2022 e febbraio 2023.
Le famiglie in bilico e quelle insolventi (il 16% delle famiglie analizzate), si trovano in una posizione di maggiore criticità.
Questa situazione ha infatti portato molte famiglie ad avere problemi con la gestione della rata del mutuo.

Un italiano su quattro teme di avere difficoltà a rispettare il rimborso

Tra il 50% degli italiani maggiorenni con almeno un finanziamento in corso uno su quattro teme nel 2024 di avere difficoltà a rispettare regolarmente il rimborso delle rate.
Il 46% delle famiglie in bilico ha in corso un prestito finalizzato all’acquisto di un bene o servizio (famiglie insolventi, 44%), o un prestito legato a una necessità di liquidità (30% in bilico, 20% insolventi), o una rateizzazione di pagamento tramite carta revolving o dilazione Buy Now Pay Later (25% in bilico, 43% insolventi).

A fine 2023, a causa del prolungato incremento dei tassi di interesse, aumentano le famiglie che devono sostenere una rata più alta. Infatti, l’incidenza delle famiglie con una rata mensile, tra mutuo e credito al consumo, superiore a 700 euro è passata dal 27% al 40%.

Si contrae il reddito residuo fino al 51%

Le dinamiche più marcate e allarmanti sono legate agli incrementi delle rate dei mutui a tasso variabile, circa il 40% dei mutui attualmente in fase di rimborso.
La violenta risalita del costo del denaro in meno di due anni ha generato aumenti compresi tra il 35% e il 119% della rata mensile, con una conseguente contrazione del reddito netto residuo disponibile fino al 51%.

La potenziale criticità è destinata a permanere anche nel medio termine, in quanto le prospettive di riduzione del costo del denaro sono graduali e diluite nel tempo.
Malgrado il tasso di default delle famiglie sia complessivamente rimasto su livelli contenuti, in mancanza di soluzioni efficaci i tassi ancora elevati possono impattare sulla qualità del credito.

Il mercato delle aste immobiliari

Storicamente, l’aumento dell’Euribor a 3 mesi si traduce in un aumento dei crediti deteriorati con un ritardo temporale di 12-18 mesi. Di conseguenza, il significativo aumento dell’Euribor desta preoccupazioni, se non sarà affiancato da interventi efficaci di supporto.
Una situazione che si rifletterà probabilmente anche sul mercato delle aste immobiliari, stimate per il 2024 tra 160mila/180mila (+12% vs 2023).

Le aste, però presentano molte criticità e inefficienze, con macro-costi per il sistema pubblico e le famiglie escusse. I prezzi di aggiudicazione arrivano infatti a dimezzare il valore dell’immobile, mentre la lunghezza e l’onerosità dei procedimenti riducono ulteriormente il ricavato effettivo, lasciando ampie quote di scoperto a danno di creditori e debitori.

Precompilata IVA: quali sono le novità per il 2024?

Anche nel 2024 continua la sperimentazione della precompilata IVA iniziata nel 2021. Sulla base dei dati acquisiti con le fatture elettroniche, i corrispettivi telematici e le comunicazioni delle operazioni transfrontaliere, l’Agenzia delle Entrate elabora la cosiddetta precompilata IVA.

Il futuro del Fisco prevede l’utilizzo e l’elaborazione delle informazioni a disposizione dell’Amministrazione finanziaria per arrivare a procedure pronte all’uso. In questa direzione si inserisce la sperimentazione che riguarda i documenti IVA, estesa a una platea di soggetti sempre più ampia.

Di fatto, le imprese e i professionisti interessati, così come gli intermediari, potranno contare su un panorama sempre più ricco di servizi online.
Gli aggiornamenti sul percorso della precompilata IVA arrivano dall’Agenzia delle Entrate con il provvedimento numero 11806 del 19 gennaio 2024.

Una platea di quasi 2 milioni e mezzo di professionisti e imprese

La decisione di prolungare anche al 2024 il periodo di sperimentazione nasce dall’esigenza di “consolidare e arricchire i dati precompilati della platea già individuata, considerato che la stessa riguarda circa 2,4 milioni di soggetti IVA”, si legge in una nota dell’Agenzia.

Le bozze dei registri IVA mensili, delle LIPE (comunicazioni delle liquidazioni periodiche), della dichiarazione annuale nonché i prospetti riepilogativi su base mensile e trimestrale risultano accessibili online a operatori, soggetti passivi IVA residenti e stabiliti in Italia, con liquidazione trimestrale. O a coloro che applicano uno specifico metodo per la determinazione dell’IVA ammessa in detrazione, come produttori agricoli o agriturismi.

Dal 1° gennaio prende forma un nuovo servizio online

A partire dalle operazioni effettuate dal 1° gennaio 2024, su cui si baseranno le elaborazioni dell’Agenzia, prende forma un nuovo servizio online legato alla precompilata che permette a imprese e professionisti interessati di scaricare in forma massiva determinati documenti.
In particolare, bozze dei registri IVA mensili, prospetti riepilogativi IVA su base mensile e trimestrale, bozze delle comunicazioni delle liquidazioni periodiche, bozza della dichiarazione IVA annuale.

Da un lato, quindi, si consolidano e si arricchiscono i dati da inserire nella precompilata IVA, dall’altro crescono i servizi online a disposizione.
Il nuovo strumento web, già disponibile per i file di fatture elettroniche, corrispettivi ed elenchi relativi all’imposta di bollo, è accessibile anche da parte degli intermediari a cui si affidano gli operatori IVA interessati.

“Andare incontro alle richieste delle associazioni di categoria”

I dati che si ottengono in via automatica potranno essere importati nei sistemi gestionali o utilizzati per un confronto con le informazioni a disposizione di imprese, professionisti e intermediari.
La nuova funzionalità viene introdotta anche per recepire le richieste provenienti dalle associazioni di categoria per una maggiore integrazione con i sistemi gestionali.

Inoltre, anche le specifiche tecniche del tracciato delle fatture elettroniche utilizzabili a partire dal 1° febbraio 2024 avranno un impatto sui documenti IVA precompilati.
I soggetti che adottano il regime speciale riferito alle attività agricole, infatti, potranno inserire informazioni utili all’Agenzia per calcolare l’ammontare dell’IVA a credito da riportare negli stessi documenti.

Ristorazione commerciale: il mercato torna ai valori pre-pandemia

A livello globale nel 2022 il settore della ristorazione commerciale si è attestato su un valore di 2.626 miliardi di euro, con un tasso di crescita annuo (Cagr) del +4,5%. L’Europa e i Paesi asiatici sono le aree che cresceranno maggiormente fino al 2027, rispettivamente del +2,8% e +6,4%. E l’Italia rappresenta il secondo paese nel mercato europeo.

Emerge dal primo Osservatorio sulla ristorazione nei Centri Commerciali in Italia, nato dall’iniziativa Aigrim-Cncc e realizzato da Deloitte.
L’Osservatorio ha l’obiettivo di analizzare, su base continuativa, diversi indicatori di prestazione della ristorazione nei centri commerciali per fornire elementi utili a definire direttive strategiche, e azioni di miglioramento delle performance del comparto.

Aumentano i consumi alimentari fuori casa

A livello nazionale il settore della ristorazione è in forte crescita, soprattutto nei centri commerciali, nei quali mostra una crescente rilevanza sul fatturato complessivo (pari al 6%), con un volume d’affari stimato nel 2022 a 4,9 miliardi di euro.
L’incidenza nelle vendite relative alla ristorazione all’interno dei centri commerciali passa dal 9% del 2022 all’11% nel primo semestre 2023.

Il primo semestre del 2023 mostra poi un trend fortemente positivo per il comparto dei centri commerciali, trainato dalla ristorazione (+9,1% vs 2019 e +25,1% vs 2022).
Negli ultimi mesi del 2023 in Italia anche la spesa delle famiglie per i consumi alimentari fuori casa mostra un trend migliorativo, dimostrandosi resiliente al contesto esterno, a differenza di altre categorie merceologiche.

Incidenza della filiera sul PIL intorno al 20%

“I dati dell’Osservatorio Aigrim-Cncc realizzato da Deloitte confermano ancora una volta quanto il comparto della ristorazione, inserito nella filiera agroalimentare e turistica allargata, sia strategico e di fondamentale importanza per il Paese, con un’incidenza della filiera sul Pil attestata intorno al 20% – commenta il presidente di Aigrim, Cristian Biasoni -. Dopo le forti difficoltà del periodo pandemico, il comparto è tornato al valore precedente al 2020, riassestando la traiettoria di crescita. Per il 2024 gli operatori del settore sono fiduciosi, l’anno appena trascorso è stato molto positivo, e lo sarà anche il 2024”.

Il Nord Est traina la crescita

Il comparto della ristorazione genera un ricavo medio per metro quadrato annuale pari a 6,3mila euro/m2, con un valore negli ultimi 12 mesi che registra una crescita a doppia cifra rispetto al 2022 (+20%). A livello geografico ila crescita è principalmente trainata dal Nord Est (+32%).

“In questo clima di fiducia e crescita, serve mettere al centro le persone. Il lavoro della ristorazione è impegnativo e spesso si svolge in contesti non facili, ma si può fare tanto in termini di welfare – aggiunge Biasoni -. Il problema delle persone in questo comparto esiste, e serve l’impegno di tutti gli interlocutori, istituzioni comprese”.

Italiani e acquisti, cresce l’utilizzo della formula Buy Now Pay Later

La formula “Compra ora paga dopo” (BNPL) sta guadagnando sempre più popolarità tra gli italiani, registrando tassi di crescita notevolmente superiori rispetto al tradizionale credito al consumo di piccolo importo. I Millennials e la Generazione Z costituiscono il 71% degli utenti, e oltre il 50% delle richieste BNPL riguarda importi inferiori a 500 euro. Negli ultimi anni, il fenomeno del “Compra ora paga dopo” ha rapidamente preso piede in tutto il mondo. 

La carta di credito è ancora il metodo di pagamento online più disffuso

In Italia, sebbene la carta di credito sia ancora il metodo di pagamento online più diffuso, soprattutto per transazioni di alto valore, il BNPL sta registrando una crescita annuale a due cifre. Nel 2022, i prodotti BNPL erogati in Italia sono aumentati del 47%, in accelerazione rispetto al +35% del 2021. Questo trend conferma che il BNPL sta crescendo a ritmi molto più elevati rispetto al tradizionale credito al consumo di piccolo importo (che ha registrato un +13% nel 2021 e un +5% nel 2022).
Questi dati emergono da un’analisi condotta da CRIF sul proprio vasto ecosistema di dati, che comprende oltre 90 milioni di posizioni creditizie, al fine di evidenziare le caratteristiche effettive di questo fenomeno.

Cambiano le abitudini di acquisto

Simone Capecchi, Executive Director di CRIF, spiega che l’industria del BNPL in Italia sta vivendo una crescita significativa, con sempre più aziende che offrono questo servizio e con l’incremento di operatori specializzati. Le nuove abitudini di acquisto degli italiani, orientate verso l’e-commerce, il digitale e le nuove tecnologie finanziarie, insieme all’apertura dei commercianti verso questa modalità di pagamento, hanno reso il BNPL una scelta comune sia sui siti web che nei negozi fisici, soprattutto per acquisti di piccolo importo inferiori ai 500 euro.

Il BNPL ha una stagionalità più marcata

CRIF ha analizzato i finanziamenti BNPL, caratterizzati da ticket molto bassi e piani di rimborso brevi, confrontandoli con i tradizionali finanziamenti di piccolo importo, rilevando una stagionalità più marcata per il BNPL, con erogazioni nel secondo semestre superiori in media del 41%. Questo suggerisce che il BNPL è strettamente legato a comportamenti d’acquisto concentrati soprattutto nel periodo natalizio.

Per cosa si usa e qual è il ticket medio?

Inoltre, il BNPL si sta diffondendo in settori al di fuori del retail, come il settore dei viaggi (in forte digitalizzazione), l’assicurazione (con la possibilità di pagare le polizze a rate) e il B2B (tramite piattaforme specializzate che offrono dilazioni di pagamento per transazioni tra imprese). Il ticket medio del BNPL è significativamente più basso rispetto al tradizionale credito al consumo, con oltre il 50% delle richieste inferiore ai 500 euro. Questo dimostra che il BNPL è visto più come un metodo di pagamento che come una forma di finanziamento.

La global economy è in ritirata: come internazionalizzare il mercato?

Dal crash finanziario del 2008, che ha segnato un profondo mutamento nel movimento del capitale a livello internazionale, a guerra e pandemia, che hanno messo a dura prova la libera circolazione di merci e persone, dopo decenni la Global Economy entra in crisi. Una ricerca promossa da Calicantus, BigCommerce e Upskill 4.0 evidenzia tre modelli di imprese che oggi possono sopravvivere a questa crisi. Imprese multinazionali capaci di personalizzare l’offerta con prodotti regionali e promuovendo l’assunzione di risorse umane locali, aziende tecnologiche che forniscono prodotti in grado di superare qualsiasi frontiera, e imprese di nicchia (Made in Italy) che si distinguono per un prodotto riconoscibile, particolare, e possono sfruttare il commercio digitale per imporsi nel mercato internazionale.

Un cambio di strategia per il Made in Italy

Per il Made in Italy l’impatto del digitale ha contribuito a creare un modello di business volto alla flessibilità produttiva, derivata dall’interazione con il cliente finale. Secondo uno studio di Banca IFIS e l’Università, l’87,5% delle Top Pmi afferma che le tecnologie svolgono il ruolo di abilitatore per competere in termini di flessibilità e personalizzazione dell’offerta, il 76% nell’efficienza del processo produttivo e per il 64,6% migliora la competitività internazionale. Il 35,4% poi sostiene che la digitalizzazione possa migliorare la sostenibilità ambientale.

Valorizzare la capacità di comunicare investendo in un’infrastruttura digitale

La strategia per le imprese italiane si fonda dunque sul valore della relazione con il cliente. Nella ricerca condotta da Casaleggio Associati, il 47% delle imprese preferisce infatti una presenza internazionale grazie all’e-commerce gestito in modo autonomo. Di questi, solo il 7% è presente a livello mondiale con i marketplace. La soluzione è quindi nella valorizzazione della capacità di dialogare e comunicare, investendo in un’infrastruttura digitale che consenta di monitorare e quantificare i dati, gestire le interazioni, e convertire in valore economico.
L’82% delle aziende è già dotata di un sistema CRM, e il 67% dei dirigenti marketing ritengono l’utilizzo di marketing analytics essenziale per la competitività, citando un aumento di profitto dal 5 al 15%.

Le risorse: tecnologia e persone

Per gestire e spiegare la complessità di un prodotto è indispensabile attrezzarsi con un backoffice strutturato: un sistema di tecnologie che assicuri regole, efficienza e sia in grado di gestire un’economia di scala. La leva per poter attivare la crescita sono dati, numeri, ma anche le persone. Ma oggi le Pmi trovano nella disponibilità di competenze adeguate l’ostacolo principale nell’adozione delle nuove tecnologie. La lunghezza dei tempi di implementazione dei sistemi tecnologici, probabilmente determinata dalle limitate competenze specifiche in azienda, è un altro fattore determinante per l’evoluzione delle aziende verso il 4.0. Competenza e professionalità scarseggiano, eppure sono fondamentali per cavalcare le sfide dei mercati. In questo contesto, il sistema rallenta le iniziative e mette in allerta gli imprenditori sull’investire in progetti innovativi.

Febbraio, mese positivo per il mercato del lavoro

Buone notizie sul fronte dell’occupazione, in base a quanto emerge dal bollettino del sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere e Anpal. Secondo le stime, infatti, dovrebbero essere 318mila le entrate programmate dalle imprese a febbraio, in diminuzione di circa 140mila unità rispetto a inizio d’anno ma, grazie alla riapertura di tutte le attività economiche, in marcato aumento rispetto a febbraio 2021 (+102mila unità; +47,0%) quando erano in vigore più ampie restrizioni per il contenimento della pandemia. A frenare un po’ la ripresa, riferisce Italpress, sono soprattutto le prospettive non proprio rosee per quanto riguarda ai rialzi dei costi energetici e alle difficoltà di approvvigionamento delle materie prime, nonché la persistente difficoltà a reperire manodopera.

Le entrate nei vari settori

Le maggiori incertezze si riflettono su tutti i comparti del manifatturiero con una flessione pari a -29,5% su base mensile, pur conservando una tendenza positiva rispetto a un anno fa (+27,4%). Negativa anche la congiuntura per le costruzioni (-20,7%) che mantiene comunque una tendenza positiva (+16,7%) rispetto a febbraio 2021. Ancora più accentuata la diminuzione dei contratti programmati dai servizi (-32,5% su base mensile ma +33,8% su base annuale) e in particolare dal commercio (-43,7% su gennaio ma +37,6% rispetto allo scorso anno) sul quale si riflette la maggiore cautela nei consumi delle famiglie per i rincari dei prezzi, a cominciare da quelli energetici. L’industria ha in programma di attivare 110mila contratti, di cui 36mila nelle costruzioni. Per il manifatturiero, che programma complessivamente 74mila entrate, sono alla ricerca di personale soprattutto le imprese della meccatronica con 20mila entrate e quelle metallurgiche e dei prodotti in metallo che prevedono 17mila entrate, anche se crescono le difficoltà per la filiera dell’automotive che sta affrontando la carenza di materie prime per la componentistica e le sfide della transizione energetica. Più contenute le previsioni delle industrie dei beni di consumo: il sistema moda e le altre manifatturiere con rispettivamente 6mila e 5mila entrate. A trainare la domanda di lavoro del terziario, che nel complesso prevede oltre 207mila contratti, è il turismo che tiene rispetto a gennaio (+400 unità) e incrementa le entrate rispetto a un anno fa (+32mila entrate) quando i flussi turistici a causa dell’emergenza sanitaria e delle limitazioni agli spostamenti erano molto più contenuti. Seguono i servizi alle persone con 38mila entrate, il commercio (35mila) e i servizi di trasporto, logistica e magazzinaggio (25mila).

Le figure più richieste (e difficili da reperire)

Un elemento di criticità è la difficoltà, da parte delle imprese, di reperire le figure donne: si tratta di un fenomeno che riguarda il  40% delle entrate programmate, in aumento di un ulteriore punto percentuale rispetto a gennaio. La mancanza di candidati è la causa principale del mismatch (22,9%), seguita dalla preparazione inadeguata (13,9%) e da altri motivi (3,5%). A livello settoriale le industrie metallurgiche e dei prodotti in metallo segnalano una maggiore difficoltà a reperire il personale ricercato pari al 54,6%, seguite dalle costruzioni (51,7%) e dalla meccatronica (49,4%); per il comparto terziario si evidenziano informatica e telecomunicazioni e i servizi alle persone con una quota di difficoltà a reperire i profili ricercati pari rispettivamente a 43,8% e 43,3%. Tra le professioni high skill più difficili da reperire emergono i tecnici della gestione dei processi produttivi di beni e servizi (68,4%), i tecnici della salute (59,6%, i tecnici in campo ingegneristico (59,1%) e gli specialisti in scienze matematiche, informatiche, chimiche, fisiche e naturali (55,9%); tra le figure operaie le imprese segnalano le maggiori difficoltà per gli operai specializzati addetti alle rifiniture delle costruzioni (65,1%) e per fonditori, saldatori, lattonieri, calderai, montatori carpenteria metallica (64,1%). 

Credito alle imprese: nel 2021 meno richieste, ma aumenta l’importo medio

Nel 2021 il numero delle richieste di credito è diminuito del -14,5%, ma il saldo complessivo resta comunque positivo rispetto ai livelli pre-pandemia, segnando un +5,9% rispetto al 2019.
Al contempo, aumenta l’importo medio dei finanziamenti, a dimostrazione di come le imprese abbiano sentito meno l’esigenza di frazionare le richieste privilegiando il rapporto con gli istituti di riferimento. Nel 2021 la graduale ripresa dell’economia nazionale ha contribuito a modificare l’atteggiamento delle imprese italiane rispetto al 2020, quando la contrazione di fatturati e flussi di cassa avevano stimolato le aziende a rivolgersi agli Istituti di credito per richiedere finanziamenti.
È quanto emerge dall’ultima edizione del Barometro CRIF sul credito alle imprese, basato sul patrimonio informativo di EURISC – il Sistema di Informazioni Creditizie gestito da CRIF.

Ultimo trimestre 2021, flessione attenuata al -8,5% 

“Dopo un 2020 in cui le imprese avevano fortemente accentuato la richiesta di finanziamenti rivolgendosi a più Istituti di credito per raccogliere le risorse necessarie a sostenere l’attività corrente compensando il crollo dei flussi di cassa, negli ultimi trimestri la situazione è andata via via normalizzandosi”, commenta Maurizio Liuti, Direttore Corporate Communication di CRIF.
Più in particolare, la dinamica in atto ha visto una significativa attenuazione nell’ultimo trimestre 2021, con una flessione assestata al -8,5% dopo i picchi di inizio anno. E le imprese individuali hanno fatto segnare una contrazione delle richieste del -25,3% contro il -7,5% delle società di capitali.

Sale l’importo medio: 105.109 euro, +29,4% 
Un dato significativo è rappresentato poi dall’ulteriore aumento dell’importo medio richiesto, che nel 2021 si attesta a 105.109 euro (+29,4% rispetto a 81.256 euro del 2020) nell’aggregato di società di capitali e ditte individuali. In linea con l’anno precedente, anche per il 2021 la maggioranza delle richieste ha riguardato importi inferiori a 5.000 euro, in virtù del peso preponderante delle richieste presentate dalle imprese di piccola e piccolissima dimensione, nonostante una robusta crescita (+9%) degli importi superiori a 50.000 euro.
Per le società di capitali l’importo mediamente richiesto è pari a 139.846 euro (+24,0% rispetto al 2020) contro i 38.464 euro richiesti delle imprese individuali (+27,3%).

Imprese individuali e società di capitali

Per quanto riguarda le imprese individuali, il peso delle richieste di finanziamento con importo inferiore a 10.000 euro rappresenta il 44,1% del totale, a conferma di come le micro imprese tendano a rivolgersi agli Istituti di credito soprattutto per importi di piccolo taglio, spesso per far fronte ad esigenze di liquidità.
Per le società di capitali, invece, più della metà delle richieste (il 54,8% del totale) vede un importo superiore ai 20.000 euro.
“Sul fronte dell’offerta, nell’ultimo anno gli Istituti di credito hanno beneficiato di una rischiosità fortemente attutita dalle misure straordinarie varate dal Governo – aggiunge Liuti -. Per l’anno corrente l’implementazione del PNRR contribuirà a determinare il consolidamento di uno scenario congiunturale favorevole, che consentirà alle imprese di rilanciare anche i propri programmi di investimenti”.

Il futuro del settore Non Food dopo la pandemia

L’Osservatorio Non Food 2021 di GS1 Italy offre una fotografia sull’universo dei consumi extra alimentari, sia sul fronte della domanda sia dell’offerta, nonché dell’andamento degli acquisti e dell’evoluzione della rete commerciale, fisica e virtuale. E ha scoperto che niente è più come prima. La pandemia ha sparigliato le carte, e riaperto i giochi nel mondo dei prodotti non alimentari di largo consumo, determinando acquisti in pesante calo in alcuni settori merceologici e formati distributivi. Ma anche spingendo lo sviluppo di altri prodotti e canali commerciali. Impossibile, quindi, pensare al futuro del Non Food senza approfondire quel che è successo in Italia nell’anno della pandemia.

Vendite in calo del -9,5% rispetto al 2019

Nel 2020 i 13 comparti monitorati dall’Osservatorio hanno ottenuto 93,5 miliardi di euro di vendite, in calo del -9,5% rispetto al 2019. Questo risultato ha interrotto bruscamente l’andamento positivo, seppure lento, degli anni precedenti, e nel 2020 la rinuncia agli acquisti ha accomunato 11 dei 13 comparti merceologici rilevati nell’Osservatorio.  Gli unici ad aver chiuso il 2020 con una crescita delle vendite sono stati l’edutainment, e l’elettronica di consumo (+6,3%). Tra gli 11 comparti merceologici in calo annuo, la forbice della riduzione del sell-out è stata piuttosto ampia, con valori che vanno dal -2,0% dei prodotti di automedicazione al -17,5% degli articoli per lo sport. Il crollo più pesante del 2020 è stato quello di abbigliamento e calzature (-26,5%), superato nel 2020 dall’elettronica di consumo, diventato il comparto più importante nel Non Food per valore delle vendite.

Solo i Factory Outlet chiudonoil 2020 con un aumento del numero di negozi 

A fine 2020 la distribuzione moderna non alimentare contava in Italia 29mila punti vendita appartenenti a poco meno di 300 gruppi presenti in 20 differenti comparti merceologici. L’Osservatorio li ha raccolti in sei tipologie, di cui cinque hanno chiuso l’anno con una rete vendita in calo: agglomerati centrali urbani, centri commerciali, parchi commerciali, aree urbane periferiche, nei luoghi di passaggio e di traffico. Gli unici ad aver chiuso il 2020 con un aumento del numero dei negozi sono i Factory Outlet (+0,7%). Nel 2020, al contrario, le vendite via web sono risultate in crescita, sia per giro d’affari che per quota di mercato in 12 dei 13 comparti analizzati. Unica eccezione, i prodotti per la fotografia.

Crescono le forme di distribuzione alternativa

L’altro fenomeno commerciale del Non Food nel 2020 è stata la crescita delle forme di distribuzione alternativa, come vendite a domicilio o per corrispondenza, nei distributori automatici e nell’e-commerce, aumentate a valore del 13,9%. I lockdown hanno penalizzato i centri commerciali, ora chiamati a riposizionarsi come luoghi di ristoro ed entertainment e non solo di shopping. La ricerca di comodità e convenienza, driver importanti nel Non Food, gioca poi a favore dei Factory Outlet e dei parchi commerciali. 
E il perdurare dello smart working, con la maggior presenza dei consumatori nei centri minori e nelle periferie urbane, può rappresentare un’occasione di rilancio per le polarità commerciali extraurbane.

Istat, volano i prezzi delle case nel primo trimestre 2021

Il Covid, le limitazioni che per lungo tempo ci hanno accompagnato, la crisi economica… Nonostante tutti questi fattori, che sembrerebbero poter “remare contro”, il comparto immobiliare italiano sta registrando una grandissima vivacità. Insomma, gli italiani non rinunciano alla voglia di casa, e realizzano questo desiderio in tempi apparentemente così duri. A indicare questa tendenza è l’Istat, che ha reso note le statistiche preliminari relative ai prezzi delle abitazioni acquistate dalle famiglie, per fini abitativi o per investimento, nel primo trimestre 2021.

Aumento dell’1,1%

Come segnala l’Istituto di Statistica, l’indice dei prezzi delle abitazioni acquistate dalle famiglie italiane aumenta dell’1,1% rispetto al trimestre precedente e dell’1,7% nei confronti dello stesso periodo del 2020 (era +1,5% nel quarto trimestre 2020).
“Nonostante la persistenza dell’emergenza sanitaria, con i dati del primo trimestre 2021 – ha spiegato l’Istat – si conferma il trend di crescita dei prezzi delle abitazioni avviatosi nel terzo trimestre 2019. I prezzi delle abitazioni nuove registrano un aumento la cui ampiezza non si vedeva dal secondo trimestre 2011 (quando fu pari a +4,1%) mentre le abitazioni esistenti mostrano prezzi in risalita per il quinto trimestre consecutivo. Le prime evidenze territoriali segnalano come la crescita riguardi tutte le articolazioni territoriali per le quali è calcolato l’Ipab”.

In salita soprattutto i prezzi delle abitazioni nuove

L’aumento tendenziale dell’indice dei prezzi è da attribuire sia ai prezzi delle abitazioni nuove che crescono del 3,9%, in forte accelerazione rispetto al trimestre precedente (quando era +1,8%), sia ai prezzi delle abitazioni esistenti che aumentano dell’1,2% (rallentando lievemente da +1,3% del quarto trimestre 2020). Questi andamenti si manifestano in un contesto di forte aumento dei volumi di compravendita (+38,6% la variazione tendenziale registrata per il primo trimestre del 2021 dall’Osservatorio del Mercato Immobiliare dell’Agenzia delle Entrate per il settore residenziale), influenzato, tuttavia, dal marcato ridimensionamento del numero di transazioni registrate nello stesso trimestre dello scorso anno a causa delle restrizioni introdotte a partire da marzo 2020 per contrastare la pandemia.

In crescita anche i valori su base congiunturale

Le buone notizie per il settore immobiliare di casa nostra non sono finite. A confermare la tendenza positiva ci sono anche i dati su base congiunturale: l’aumento dell’indice (+1,1%) è dovuto sia ai prezzi delle abitazioni nuove che crescono dello 0,9% sia a quelli delle esistenti che aumentano dell’1,1%. Il tasso di variazione acquisito dell’Ipab per il 2021 è positivo e pari a +0,7%.

Le imprese dell’area euro a maggio rafforzano l’attività. Indice Pmi in salita

A maggio 2021 le imprese europee rafforzano la propria attività, con l’indice Pmi, il Purchasing managers index, che arriva a sfiorare quota 60 punti, un punteggio che si attesta sui massimi da 3 anni, mentre il flusso di ordini in entrata risulta ai massimi in 15 anni. Si tratta di un dato elaborato dalla società di ricerche Ish Markit, che sviluppa l’indice Pmi, per il quale se 50 punti rappresentano la soglia di ‘neutralità’ oltre i 50 rappresentano la crescita e sotto i 50 la recessione. Secondo Ish Markit sull’insieme di industria e servizi dell’area euro questo indicatore a maggio è passato precisamente dai 53,8 di aprile ai 56,9 punti di maggio, il punteggio massimo da 39 mesi.

Terziario a 55,1 punti, il manifatturiero quasi invariato a 62,8 punti

Sempre secondo la società di ricerche a migliorare decisamente è anche il settore terziario, con il relativo indice Pmi passato a maggio a 55,1 punti rispetto i 50,5 del mese precedente, mentre il manifatturiero nei due mesi è rimasto quasi invariato a 62,8 punti. L’ottimismo per i prossimi 12 mesi continua quindi a segnare nuovi record. D’altronde, anche gli indicatori dei prezzi aumentano, e come rileva Ish Markit nel manifatturiero toccano il massimo storico. Questo perché la domanda continua a superare l’offerta per molti prodotti e servizi.

Un miglioramento dovuto alla diminuzione delle misure anti contagio

“Con la riapertura dell’eurozona a seguito dell’allentamento delle restrizioni anti Covid-19, la domanda per beni e servizi all’interno della regione è cresciuta al tasso più alto in 15 anni – afferma il capo economista di Ish Markit, Chris Williamson -. Le misure di contenimento del virus sono diminuite al livello più basso dallo scorso ottobre, facilitando quindi il miglioramento. La crescita sarebbe stata ancora più forte se non fosse stato per i ritardi record nella catena di distribuzione e per le difficoltà nel riattivare velocemente l’attività delle aziende al fine di soddisfare la domanda, specialmente nel riavvio delle assunzioni”.

Pressione dei prezzi sui beni e aumento delle tariffe per i servizi

Secondo Williamson però lo squilibrio tra offerta e domanda ha aggiunto ulteriori pressioni sui prezzi, riferisce Askanews. “La durata di queste pressioni inflazionistiche dipenderà da quanto velocemente l’offerta si allineerà con la domanda – puntualizza Chris Williamson -. Al momento però il divario sta peggiorando, causando la più forte pressione dei prezzi sui beni mai registrata dall’indagine, e l’aumento delle tariffe per i servizi”.