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Perchè i cyber-attacchi ai dispositivi mobili sono aumentati di oltre il 50% nel 2023?

Nel 2023 si è registrato un preoccupante aumento degli cyber attacchi ai dispositivi mobili, con un totale di circa 33,8 milioni di reati. Si tratta  di un incremento del 52% rispetto all’anno precedente. L’adware si è rivelato la minaccia più diffusa, rappresentando il 40,8% di tutte le minacce rilevate. Durante il Mobile World Congress, Kaspersky ha presentato un’analisi annuale sul panorama delle minacce rivolte ai dispositivi mobili, evidenziando la crescente diffusione dei rischi per la sicurezza mobile. 

L’adware è la minaccia principale

L’adware è stato identificato come la minaccia principale per i dispositivi mobili, e costituisce il 40,8% di tutti i reati informatici verso questa tipologia di device. I Trojan bancari hanno registrato un calo nei pacchetti di installazione, passando a 153.682 dopo il forte aumento rilevato l’anno precedente.

Pericoli negli app store?

Le minacce mobile vengono distribuite dai criminali informatici attraverso app store, sia ufficiali sia non. Nel 2023, sono state individuate numerose applicazioni dannose su Google Play. Uno degli aspetti più comuni dell’anno sono state le false app di investimento che si basavano su tattiche di social engineering per ottenere dati personali dagli utenti, soprattutto numeri di telefono e nomi completi, che venivano poi aggiunti ai database utilizzati per le frodi telefoniche. Le mod malevole di Whatsapp e Telegram, progettate per rubare i dati degli utenti, sono un altro vettore di attacco molto diffuso.

Anton Kivva, esperto di sicurezza mobile di Kaspersky, ha commentato l’incremento delle attività malware e riskware per Android nel 2023, sottolineando l’importanza di implementare misure di sicurezza.

Implementare la sicurezza

Kaspersky suggerisce alcune precauzioni per proteggersi da queste minacce. Scaricare le applicazioni solo dagli store ufficiali come Apple App Store, Google Play o Amazon Appstore. Le app di questi siti non sono sicure al 100% ma almeno vengono controllate dai responsabili dello store e c’è un sistema di filtraggio: non tutte le app riescono ad accedervi. Controllare le autorizzazioni delle app che si utilizzano e riflettere attentamente prima di autorizzare un’app, soprattutto quando si tratta di autorizzazioni ad alto livello di rischio come i servizi di accessibilità. Ad esempio, l’unica autorizzazione di cui ha bisogno un’app per la torcia è quella per l’accensione (che non comporta nemmeno l’accesso alla fotocamera).

Installare una soluzione di sicurezza affidabile che permette di rilevare app e adware dannosi prima che inizino a causare problemi sui dispositivi. Aggiornare sempre il sistema operativo e le applicazioni importanti, molti problemi di sicurezza possono essere risolti installando versioni aggiornate del software.

Mercato Tech: il 2023 si chiude con un calo del -6,4%

Dopo un 2022 leggermente negativo (-2,7%), secondo i dati GfK Market Intelligence il mercato italiano della Tecnologia di consumo ha chiuso il 2023 con una flessione più marcata del fatturato, il -6,4%, per un valore complessivo del mercato pari a 16 miliardi di euro a fine anno.
Il trend è leggermente più negativo se si analizzano i volumi venduti. In questo caso, il calo è stato del -7,3% rispetto al 2022.

Insomma, quello da poco concluso è stato un anno difficile per il mercato della Tecnologia di consumo.
Secondo i dati GfK, il trend negativo interessa sia i punti vendita tradizionali sia il canale online. Tra i principali comparti, gli unici a crescere sono il Grande Elettrodomestico e il Piccolo Elettrodomestico.

La crisi della domanda colpisce le vendite online e tradizionali

Il settore Tech sta vivendo una fase di rallentamento della domanda, dovuto sia all’effetto saturazione sia alle preoccupazioni dei consumatori legate a carovita e crisi internazionali. Ma se si confrontano i dati con quelli del 2019 il 2023 registra un aumento di fatturato del +8,3%.
La negatività riguarda sia le vendite effettuate sui canali tradizionali, diminuite del -7,1% rispetto al 2022 sia quelle effettuate sul canale online, anche se in maniera più limitata. In questo caso, il calo è stato del -4,4% a valore.

A fine anno le vendite online sono arrivate a pesare il 26,8% del mercato Tech nel suo complesso. Un dato sostanzialmente stabile rispetto al 2022, quando pesavano per il 26,2%. E seppure in crescita, il peso delle vendite online in Italia rimane tra i più bassi in Europa.

Elettronica di Consumo addirittura a -28,7%

La contrazione delle vendite riguarda quasi tutti i comparti della Tecnologia di consumo. Fanno eccezione solo il Grande Elettrodomestico (+3%) e il Piccolo Elettrodomestico (+0,3%), che rimangono in area positiva.
Registra un calo del -2,2% a valore la Telefonia, che si conferma come il settore più importante per giro d’affari generato.

Il comparto più negativo in assoluto è quello dell’Elettronica di Consumo, che registra una contrazione del -28,7%.
Dopo la forte crescita del 2021 e del 2022 dovute allo switch-off, il 2023 conferma quindi il rallentamento della domanda per questi prodotti. Ma il trend negativo riguarda anche il settore dell’Information Technology/Office e il Photo, che chiudono l’anno con un calo delle vendite rispettivamente del -8,6% e del -6,9% a valore.

La vera sfida del 2024 sarà l’introduzione sempre più massiccia dell’AI

Nel corso del 2023 ha visto un leggero calo delle vendite anche l’Home Comfort (-2,8%), un comparto che nel 2022 aveva registrato performance particolarmente positive (+25,3% a valore rispetto all’anno precedente), ma che nel 2023 ha pagato una stagione estiva concentrata nei soli mesi di luglio e agosto.

La vera sfida nel 2024 sarà l’introduzione sempre più massiccia dell’Intelligenza Artificiale in molti settori della Tecnologia di consumo, con la speranza che queste innovazioni possano dare un impulso positivo al mercato.

La tecnologia “corre”: quali sono le 12 professioni del futuro?

Se potessimo viaggiare avanti nel tempo come Marty McFly del celebre film “Ritorno al Futuro”, probabilmente ci troveremmo di fronte a professioni emergenti o addirittura inesistenti, destinate a diventare cruciali grazie alla profonda rivoluzione tecnologica in corso.
A questo proposito arriva la ricerca “Stranger Skills” di PHD Media, agenzia di comunicazione e marketing di Omnicom Media Group, che ha delineato 12 professioni del futuro, coinvolgendo marketer, responsabili delle risorse umane, head hunter e futuri professionisti del settore.

Lavori che oggi… non ci sono

La Chief Strategy Officer di PHD Italy, Daniela Della Riva, spiega che la ricerca ha cercato di suscitare interesse per professioni che potremmo trovare in un futuro annuncio di lavoro, professioni che potremmo non riconoscere oggi. La Singularity University, una comunità globale di apprendimento e innovazione, ha contribuito a delineare possibili evoluzioni nel mondo del lavoro.
Le professioni del futuro identificate comprendono il “Machine Learning Creative Producer” che, attraverso software innovativi, sviluppa rapidamente e automaticamente nuove creatività, riducendo i tempi di produzione. Il “Creator Collaborator” lavora con creator e influencer per promuovere il brand utilizzando tecnologie avanzate di comunicazione ed e-commerce.
Il “Conversational AI Developer” crea comunicazioni interattive utilizzando diverse tecnologie, consentendo agli utenti di interagire direttamente con personaggi pubblicitari.

Nuovi ruoli nel settore e-commerce

Nel campo del commercio elettronico emergono figure come il “Game Commerce Expert” che sviluppa e-commerce all’interno di piattaforme di gioco online, mentre il “Video Commerce Specialist” si occupa di connettersi e vendere prodotti attraverso ambienti video.
Nel settore della consulenza, il “Consulting-Advisory” sviluppa prodotti di consulenza preconfezionati per le aziende, mentre il “Technology Orchestration Professional” collega attività diverse attraverso diverse tecnologie.

Sostenibilità ed etica sono aree strategiche

Le competenze legate alla sostenibilità, etica e inclusione diventano sempre più cruciali, con figure come il “Sustainability Manager” che monitora gli impatti ambientali e sociali delle attività aziendali, e il “Diversity, Equity & Inclusion Manager” responsabile di promuovere la diversità e l’inclusione nell’organizzazione.

Daniela Della Riva conclude sottolineando che il cambiamento non riguarda solo la tecnologia ma richiede anche risposte alle sfide etiche, di sostenibilità e inclusione. La formazione continua è fondamentale per preparare i professionisti a abbracciare il futuro con audacia e competenza, integrando competenze creative, tecnologiche e umanistiche.

Ora Google Meet leviga la pelle e sbianca i denti durante le video call

Novità per Google, che introduce nuove funzionalità ‘estetiche’ a Meet, la sua app di videoconferenza.
Il colosso di Montain View sta infatti implementando una possibilità molto richiesta dagli utenti, quella di applicare effetti di abbellimento e ritocco del volto durante le videochiamate.

Questa novità è stata annunciata il 18 ottobre durante l’aggiornamento di Google Workspace. Attualmente è in fase di implementazione solo su Google Meet per dispositivi mobili Android e iOS in possesso degli utenti che adottano le nuove funzioni della app in versione beta.
L’accesso esteso agli altri account è programmato per il 28 ottobre, mentre entro la fine del 2023 Google ha dichiarato di avere intenzione di introdurre la funzione di ritocco anche su Google Meet per il web.

Due modalità, Discreta e Levigatura, per correzioni leggere o più incisive  

Al momento sono due le modalità ritratto disponibili e che consentono di apportare diverse correzioni estetiche, in particolare, levigatura della pelle, schiarimento delle occhiaie e sbiancamento dei denti.
La prima è la modalità Discreta, che come suggerisce il nome offre correzioni ‘leggere’. La seconda, invece, è la modalità Levigatura, ed è un po’ più incisiva nelle migliorie apportate all’aspetto.

Indipendentemente dalla modalità scelta, Google sostiene che gli utenti potranno apportare ‘leggere correzioni all’aspetto’ fisico in tempo reale, e aggiunge che la funzione di ritocco non è stata progettata per apportare modifiche sostanziali.

Il ritocco non è per tutti: solo per account premium

Il ritocco risulterà comunque disattivato per impostazione predefinita, e potrà quindi essere attivato nelle impostazioni di Google Meet.

La funzione sarà però disponibile solo per gli utenti con account Google premium, tra cui Business Standard, Business Plus, Enterprise Essentials, Education Plus, Google One e Google Workspace Individual.
Gli utenti con un account Google personale non avranno quindi accesso a questa funzione.

Perché Google non ci ha pensato prima?

Nonostante l’ampia diffusione di filtri ed effetti di levigatura del viso su altre app legate ai video, come TikTok e Instagram, è sorprendente che Google ci abbia messo così tanto tempo per introdurre strumenti simili su Meet.
Al contrario, app concorrenti di videoconferenza come Microsoft Teams e Zoom offrono già una varietà di funzionalità di ‘miglioramento’, che non si limitano a sfocare la pelle degli utenti, ma applicano addirittura effetti di trucco virtuale, riporta Adnkronos.

In ogni caso, riferisce DayFRitalian, gli utenti di Meet potranno visualizzare le modifiche prima di avviare una chiamata per vedere se gli piace il loro aspetto. Sarà comunque possibile attivare la funzione durante una chiamata: per farlo, premere i tre punti nell’angolo in basso a destra dello schermo e selezionare Impostazioni. Da lì, scorrere semplicemente verso il basso e abilitare l’opzione Ritratto modificato nella sezione Video.

Social media: li frequenta oltre il 60% della popolazione mondiale

A indagare sulla propagazione dei social network, ‘bolle’ dove oramai tutto si può fare e chiunque può essere raggiunto, è uno studio di Kepios: oggi il numero di utenti attivi dei social media è esattamente 4,88 miliardi, il 60,6% della popolazione mondiale, mentre oltre il 64% utilizza Internet. Secondo una stima ufficiale delle Nazioni Unite all’inizio del 2023 la popolazione mondiale ha raggiunto 8,01 miliardi. Il numero degli utenti dei social è quindi a un passo dai 5,19 miliardi di persone che utilizzano Internet, pari al 64,5% della popolazione globale. Inoltre, chi naviga nel recinto dei social passa sempre più tempo sulle piattaforme, e in media ne utilizza sette.

Gli utenti sono cresciuti del 3,7% nell’ultimo anno

Ma mentre gli utenti dei social sono cresciuti del 3,7% nell’ultimo anno, l’aumento degli internauti è rimasto inferiore all’1%. Un effetto del rallentamento post pandemia dopo la forte spinta alla digitalizzazione impressa dal Covid-19. Sull’uso dei social media esistono però grandi differenze tra le diverse aree del mondo. Ad esempio, nell’Africa orientale e centrale solo una persona su 11 utilizza i social media: del resto si tratta di un’area dove è bassa anche la diffusione di Internet. Mentre in India, tra le nazioni più popolose al mondo, la proporzione di chi usa i social è di uno su tre.

Una media di 2 ore e 26 minuti al giorno

Secondo la ricerca, inoltre, la quantità di tempo trascorso sulle piattaforme social è aumentata di due minuti, arrivando a una media di 2 ore e 26 minuti al giorno.
Anche in questo caso si rilevano grandi disparità, con i brasiliani che trascorrono in media 3 ore e 49 minuti al giorno sui social, mentre i giapponesi meno di un’ora. Più della metà degli utenti globali dei social network, poi, sono uomini (53,6%), sebbene il rapporto riconosca una certa inesattezza dovuta alle persone registrate con identità diverse o agli account automatizzati, i cosiddetti bot, una ‘piaga’ di tutte le piattaforme.

Si moltiplicano le bacheche virtuali

Gli utenti dei social network frequentano in media più di sette piattaforme. Meta, di proprietà di Mark Zuckerberg, possiede tre delle app preferite dagli utenti, WhatsApp, Instagram e Facebook.
La Cina conta tre app, WeChat, TikTok e la sua versione locale che si chiama Douyin.
Twitter, Messenger e Telegram completano la lista delle piattaforme più seguite. Ma Twitter, secondo il Pew Reasearch Center americano, dopo l’acquisto da parte di Elon Musk ha perso molti utenti negli Stati Uniti. Nonostante il moltiplicarsi delle bacheche virtuali, riporta Ansa, l’intera rete dei social network sembra però poggiare sul modello matematico del ‘piccolo mondo’. Una ricerca pubblicata su Physical Review X ha dimostrato che su queste piattaforme vale la teoria dei sei gradi di separazione, elaborata nel 1967 dallo psicologo americano Stanley Milgram, per cui bastano al massimo sei passi virtuali per raggiungere una persona.

Intelligenza Artificiale: quali percezioni, aspettative e impatto sulla vita quotidiana?

L’Intelligenza Artificiale si sta diffondendo sempre di più, e la nuova indagine globale di Ipsos sull’evoluzione delle percezioni e delle aspettative in merito all’AI rivela entusiasmo ma anche timore per il potenziale impatto su vari aspetti della vita. In media, nei 31 Paesi oggetto dell’indagine, due terzi degli intervistati (67%) affermano di avere una buona conoscenza di cosa sia l’Intelligenza artificiale, ma soltanto la metà (51%) dichiara di sapere quali prodotti e servizi la utilizzano. In Italia il 53% degli intervistati dichiara di avere una buona conoscenza di cosa si intenda per Intelligenza artificiale, e il 50% conosce quale tipologia di prodotti e servizi la sfruttano.

Sentimenti contrastanti nell’opinione pubblica

A livello globale il 54% degli intervistati concorda sul fatto che i servizi basati sull’AI presentino più vantaggi che svantaggi e la medesima quota ne è entusiasta.
Tuttavia, circa la stessa percentuale (52%) dichiara di essere nervoso pensando ai prodotti e i servizi basati sull’AI. La sensazione di entusiasmo è minore in Nord America e in Europa (in Italia i dati sono in linea con la media internazionale) ed è maggiore nei mercati emergenti, tra la GenZ e i Millennials, così come tra le persone con istruzione universitaria. Al contrario, il senso di nervosismo è più alto nei Paesi prevalentemente anglofoni e più basso in Giappone, Corea del Sud ed Europa orientale.

Una fiducia variabile

La fiducia nell’AI è generalmente più alta nei mercati emergenti e tra gli under40, rispetto ai Paesi ad alto reddito e a Generazione X e Boomers.
Anche in questo caso, i dati italiani sono in linea con la media internazionale. In linea con la media internazionale, il 44% degli italiani ritiene che i prodotti e i servizi che utilizzano l’Intelligenza Artificiale abbiano profondamente cambiato la propria vita negli ultimi anni. Allo stesso modo, il 63% degli italiani si aspetta che l’AI cambierà significativamente la propria vita nei prossimi anni.
Tra i lavoratori globali, in media, il 57% si aspetta che l’AI cambi il modo in cui svolgono il loro attuale lavoro e il 36% che lo sostituisca del tutto. Percentuali più alte nel Sud-Est asiatico (e più basse nel Nord Europa con differenze fino a 50 punti), tra i più giovani e i decision maker.

L’AI migliorerà la nostra vita?

A livello globale, poco più della metà degli intervistati prevede che l’aumento dell’uso dell’AI nei prossimi tre-cinque anni darà loro più tempo (54%) oppure migliorerà le opzioni di intrattenimento (51%). Il 39% ritiene che l’aumento dell’uso dell’AI migliorerà la propria salute, il proprio lavoro (37%), l’economia del proprio Paese (34%) e in generale il mercato del lavoro (32%).
In Italia si registra un maggior scettiscismo. In particolare, meno della metà delle persone intervistate ritiene che darà loro più tempo (48%), migliorerà le opzioni di intrattenimento (45%), la propria salute (37%), il proprio lavoro (32%), il mercato del lavoro (30%) e l’economia del proprio Paese (29%).

Avvocati, commercialisti e consulenti del lavoro: sale la spesa in investimenti digitali

Nel 2022, avvocati, commercialisti e consulenti del lavoro italiani hanno investito complessivamente 1,765 miliardi di euro in tecnologie digitali, mantenendo una cifra in linea con il 2021 (+0,4%). Tuttavia, nonostante la crisi energetica e delle supply chain degli ultimi due anni abbiano avuto un impatto finanziario sull’ecosistema professionale, stabilizzando gli investimenti, le previsioni per il 2023 sono più ottimistiche. La spesa digitale dovrebbe registrare una crescita del 7%, raggiungendo un valore stimato di poco meno di 1,9 miliardi di euro. 

Investimenti diversi a seconda delle categorie professionali 

Le spese tecnologiche variano notevolmente tra le diverse categorie degli studi professionali. Le organizzazioni multidisciplinari continuano ad investire mediamente di più rispetto alle altre categorie, con una spesa digitale media di 25.060 euro, seguite dai consulenti del lavoro con 11.950 euro, i commercialisti con 11.390 euro e gli avvocati con 8.890 euro. Il 41% degli studi multidisciplinari investe più di 10.000 euro, rispetto al 34% dei consulenti del lavoro, al 23% dei commercialisti e all’11% degli avvocati. Quasi sette studi legali su dieci investono al massimo 3.000 euro all’anno in tecnologie. La categoria legale è anche quella che riscontra maggiori difficoltà di redditività, con solo il 57% degli studi in positivo nel biennio 2021-2022, rispetto a una media di oltre il 70% per le altre discipline.

Qualche nube sul futuro

In questo contesto, gli studi professionali esprimono pessimismo per il futuro della professione. Negli studi monodisciplinari, gli ottimisti rappresentano una minoranza (38% degli avvocati, 41% dei commercialisti, 45% dei consulenti del lavoro), mentre negli studi multidisciplinari il 59% si mostra ottimista. Il principale pericolo per il futuro, secondo i professionisti, è rappresentato dalle diverse piattaforme digitali, alcune delle quali utilizzano anche l’intelligenza artificiale, che potrebbero sostituire le attività più standardizzate. Questo è evidenziato dal 40% degli avvocati, dal 37% dei commercialisti e dei consulenti per il lavoro e dal 35% degli studi multidisciplinari.
Il secondo pericolo per i professionisti è la difficoltà di assumere personale per supportare la crescita dello studio, mentre il terzo è la difficoltà di realizzare il passaggio generazionale. Emerge la difficoltà di attrarre e trattenere i giovani, principalmente a causa della bassa retribuzione (soprattutto per il 56% degli avvocati e il 41% dei commercialisti e degli studi multidisciplinari), della mancanza di percorsi di carriera strutturati (43% degli avvocati e 42% degli studi multidisciplinari) e di uno scarso equilibrio tra lavoro e vita privata (54% dei commercialisti, 50% degli studi multidisciplinari e 38% degli avvocati e dei consulenti del lavoro).

Obiettivo: rendere più snelli i processi lavorativi

I risultati provengono dalla ricerca dell’Osservatorio Professionisti e Innovazione Digitale della School of Management del Politecnico di Milano, presentata durante il convegno “Studi professionali, una nuova visione digitale per attrarre i giovani e far evolvere i clienti”. Claudio Rorato, Responsabile scientifico e Direttore dell’Osservatorio, sottolinea l’importanza per gli studi professionali di comprendere quali vie percorrere per migliorare la gestione caratteristica delle imprese, rendere più snelli i processi lavorativi, e supportare i processi decisionali con strumenti e informazioni per generare nuove visioni.
Le tecnologie più diffuse negli studi includono la fatturazione elettronica e le videochiamate, utilizzate da oltre l’80% di tutti gli studi. Altri strumenti come VPN e piattaforme di eLearning sono diffusi in modo variabile tra le diverse categorie professionali. Tuttavia, l’aggiornamento tecnologico avviene ancora a tassi contenuti, segno di un rinnovamento lento nei modelli organizzativi e di business. Le tecnologie di frontiera, come il CRM, l’intelligenza artificiale e la blockchain, sono ancora poco diffuse.

Criminalità informatica: italiani poco attenti, anche se già hackerati. Perchè?

Nonostante due italiani su tre sappiano cos’è il phishing, il 23% ne è caduto vittima, e di questi solo il 35% ha preso provvedimenti. Ciò conferma la tendenza a non prendere abbastanza sul serio la minaccia della criminalità informatica, nonostante la consapevolezza dei possibili pericoli e di ciò che potrebbe accadere. Secondo i risultati della ricerca Ignorance is Bliss di Kaspersky sull’atteggiamento dei consumatori nei confronti della cybersecurity, il 66% degli italiani tra 25 e 54 anni ritiene di essere informato sulla sicurezza online, ma di fatto sottovaluta i cybercriminali. La maggior parte degli utenti che cerca di proteggersi dagli attacchi di phishing blocca il numero telefonico o l’email dannosa (64,8%), si informa online sulla fonte dello scam (48,4%) o lo segnala al brand ‘imitato’ dall’attacco (34,3%). Ma non basta.

Nonostante conoscano i pericoli molti continuano a rischiare

“È chiaro che, nonostante conoscano i rischi del crimine informatico, molti adulti continuano a rischiare a causa di un approccio non corretto alla sicurezza online – commenta David Emm, Principal Security Researcher di Kaspersky -. La condivisone di informazioni personali online e non verificare le condizioni di privacy sono solo due esempi di come gli utenti si rendano vulnerabili agli attacchi informatici. Fin da piccoli ci viene insegnato che le nostre azioni hanno delle conseguenze, e questo vale anche per la sicurezza informatica. Se si spera semplicemente che le conseguenze svaniscano o che non si verifichino, è solo questione di tempo prima di subire una violazione. A mio avviso, è indispensabile un maggior impegno per spiegare le reali conseguenze di essere vittime di una frode”.

Il 55,5% non controlla le impostazioni sulla privacy, ma risponde ai quiz sui social

Secondo la ricerca, pur conoscendo i rischi la maggioranza degli italiani è disposta a condividere informazioni personali online. Il 60% ammette, infatti, di inserire informazioni personali come il proprio nome e la propria posizione sui social media.
Inoltre, è allarmante che oltre la metà degli intervistati non controlli le proprie impostazioni sulla privacy (55,5%) e risponda a quiz sui social media. Quasi il 50%, poi, utilizza ancora informazioni personali, come la squadra di calcio preferita o il nome del primo animale domestico, per ricordare le proprie password.

La diffusione del phishing si combatte con la consapevolezza

“La criminalità informatica sta diventando sempre più sofisticata e non possiamo permetterci di essere così poco attenti quando si tratta di agire. È necessario che un numero maggiore di utenti prenda sul serio la criminalità informatica, altrimenti saranno loro stessi e la prossima generazione a pagarne il prezzo”, continua David Emm.
Più consapevolezza ed educazione alla sicurezza online sono necessarie per combattere la sempre maggiore diffusione delle truffe di phishing. Non solo, anche per insegnare alle nuove generazioni i pericoli della criminalità informatica.

5G: entro il 2027 gli abbonati saranno 6 miliardi

Per il 5G le cifre sono al rialzo, e raccontano di uno scenario che entro il 2027 vedrà quasi 6 miliardi di abbonati. Alla fine del 2022 erano 1,5 miliardi. A trainare il boom del 5G sono due elementi principali: il primo è la disponibilità di più smartphone compatibili con lo standard, anche nella fascia media di prezzo, il secondo riguarda la maggiore concorrenza tra gli operatori, che ha permesso di abbassare gli abbonamenti per gli utenti. Il rapporto dell’agenzia di analisi Omdia conferma le stime di Ericsson, che mostrano un settore in forte ripresa, tanto da aggiungere quasi 140 milioni di abbonamenti ogni tre mesi. Secondo Omdia nel 2022 sono state aggiunte 455 milioni di nuove connessioni 5G in tutto il mondo (pari al 14% di crescita trimestrale sequenziale), passate dai 922 milioni nel terzo trimestre agli 1,05 miliardi nel quarto.

Il traffico dati mobile globale raggiungerà 325 exabyte a fine 2028

Secondo Ericsson alla fine del 2022 il traffico dati mobile globale totale ha raggiunto 118 exabyte al mese, e si prevede che quadruplicherà per raggiungere i 325 exabyte alla fine del 2028. Se il Nord America è leader nella diffusione delle connessioni wireless 5G, con un totale di 119 milioni di connessioni, stando a una ricerca dell’agenzia indipendente OpenSignal, in Europa l’Italia si piazza all’undicesimo posto per velocità di reti 5G, con una media di 107.3 Mbps in download, riporta Ansa.

In Italia abbonamenti mobile per il 25% degli utenti

A quanto inoltre emerge dallo studio 5G: The Next Wave almeno il 25% degli utenti italiani di smartphone vuole sottoscrivere un abbonamento 5G entro il prossimo anno. Il 40% già oggi possiede un dispositivo con capacità 5G, ma non ha ancora effettuato l’upgrade a un abbonamento, mentre il 5% naviga in 5G pur avendo uno smartphone 4G. E l’83% degli attuali utenti 5G nonostante l’aumento dei costi non è disposto a tornare al 4G. In ogni caso, la prossima ondata di utenti ha aspettative molto elevate in merito alle prestazioni del 5G, in particolare, sulla copertura di rete, mentre gli early adopter si preoccupano più dei servizi innovativi abilitati dal 5G.

Il nuovo parametro di soddisfazione dei consumatori

La percezione della disponibilità del 5G sta emergendo come il nuovo parametro di soddisfazione dei consumatori. Ai fini della percezione degli utenti, copertura geografica, copertura indoor/outdoor e presenza di hot-spot, sono più importanti rispetto alla copertura della popolazione. Infatti, nonostante in Italia il 96% della popolazione sia coperto da 5G, solo il 25% degli utenti 5G percepisce di essere connesso al 5G per più del 50% del tempo. Tra questi, riferisce riporta key4biz.it, il 75% si dichiara soddisfatto della rete di quinta generazione. Inoltre, in Italia, nel 2022 il numero di utenti 5G che usufruisce di più di tre servizi digitali è 1,5 volte superiore rispetto al 2020.

Smart Home, caldaie, termostati e condizionatori connessi guidano il mercato

Nel 2022 il mercato della Smart Home in Italia ha confermato un buon tasso di crescita (+18%) rispetto al 2021, arrivando a toccare quota 770 milioni di euro. Per quanto riguarda il tasso di crescita, il nostro Paese si piazza al primo posto a livello europeo. Lo rivela la ricerca Smart Home dell’Osservatorio Internet of Things della School of Management del Politecnico di Milano, che sottolinea anche che l’aumento potrebbe essere ancor più sostenuto senza le difficoltà legate al reperimento delle materie prime e al costo dell’energia.

Quali sono i dispositivi Smart preferiti?

Quali sono i dispositivi che oggi trainano le vendite nel mercato Smart Home di casa nostra? Sono soprattutto le soluzioni più “vicine” al risparmio energetico, quali caldaie, termostati, valvole termostatiche e condizionatori connessi, a trainare le vendite, con una quota pari al 20% (150 milioni di euro). È l’area che cresce di più (+41%), favorita in particolare dalla vendita di numerose caldaie connesse, spesso abbinate ai termostati smart, che beneficiano di incentivi quali Superbonus ed Ecobonus. Seguono le soluzioni per la sicurezza, un comparto da 150 milioni di euro (19% del mercato, +20%). Un mercato trainato da soluzioni hardware quali videocamere, sensori per porte/finestre e serrature connesse, anche se inizia a crescere anche la quota di servizi. Oltre alle offerte più consolidate, legate ad abbonamenti che consentono di archiviare su cloud immagini e video, di fare chiamate automatiche di emergenza o di attivare servizi di pronto intervento in caso di allarme, iniziano a crescere le vendite di assicurazioni furto e incendio pay-per-use con premio variabile a seconda dei giorni di attivazione della polizza.

La medaglia di bronzo agli elettrodomestici smart

Al terzo posto troviamo gli elettrodomestici smart, con 140 milioni di euro (18% del mercato, +4%), un settore che ha tenuto grazie al progressivo ampliamento dell’offerta, con i principali produttori che presentano ormai l’intera gamma “connessa”. Al quarto posto troviamo gli smart speaker (137 milioni,18% del mercato, +5%), con un rallentamento del trend di crescita dovuto in gran parte alla progressiva saturazione del mercato, che vede sempre più abitazioni già dotate di uno o più speaker al loro interno. La rimanente quota del mercato è costituita da casse audio (9%, +10%), lampadine (7%, +9%), serie civili connesse (4%, +55%), smart plug (prese elettriche intelligenti, 2%, +25%), dispositivi per gestire tende e tapparelle da remoto (2%, +31%) e soluzioni di Assisted Living (1%, +12%).