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Superbonus 90%: tutte le novità e come fare richiesta

Se inizialmente il Superbonus prevedeva una detrazione del 110% per agevolare i lavori di efficientamento energetico negli edifici abitativi dal 17 febbraio 2023 il nuovo Superbonus 90% ha ridotto la percentuale di detrazione (a esclusione di quanti hanno presentato la Comunicazione di Inizio Lavori Asseverata Superbonus prima di tale data) e ha posto fine definitivamente alla cessione del credito. Introdotto con il D. Lgs. 34/2020 il Superbonus 110% consentiva infatti di effettuare i lavori rientranti nel bonus senza doverli pagare, o era possibile avvalersi della cessione del credito a una società o una banca.

Si può recuperare anche il 10% non agevolato

Per il Superbonus 90% l’Agenzia delle Entrate attingerà a un fondo di 20 milioni di euro per erogare i contributi, determinando il valore degli stessi in base alla quantità delle richieste ricevute. L’importo a cui si avrebbe diritto potrebbe quindi ridursi fino al 90% se i fondi non dovessero essere sufficienti.
Un’altra novità riguarda il comunicato dell’Agenzia delle Entrate, che apre ufficialmente la possibilità di inviare la domanda per richiedere un contributo a fondo perduto sulle spese detraibili dal Superbonus 90% relative al 10% non agevolato. In altre parole, significa che se nel corso del 2023 sono stati effettuati lavori di efficientamento energetico rientranti nell’agevolazione, si avrà la possibilità di richiedere un contributo per recuperare anche i costi che non sono stati detratti.

Reddito per accedere al contributo max 15.000 euro annui

Il massimo del contributo erogabile per richiedente è di 9.600 euro, che corrisponde al 10% di 96.000 euro, ovvero il tetto massimo di spese detraibili con il Superbonus 90%.
Ciò vale anche nel caso in cui sono state spese cifre più elevate per l’efficientamento della casa.
Per quanto riguarda i requisiti per poter ottenere accoglimento della domanda,  gli interventi circoscritti al Superbonus 90% devono essere stati effettuati dal 1° gennaio al 31 ottobre 2023, compresi quelli delle parti comuni di un condominio. Inoltre, il reddito del nucleo familiare non deve essere superiore a 15.000 euro annui, e deve fare riferimento all’anno di imposta 2022.

Richiesta inoltrabile fino al 31 ottobre 2023

Da gennaio 2023 sono anche cambiati i requisiti per accedere al Superbonus per quanto riguarda le ville unifamiliari. Anche in questo caso, reddito non superiore a 15.000 euro annui, e prima casa, nonché abitazione principale, l’oggetto di destinazione dei lavori. L’istanza potrà essere presentata esclusivamente per via telematica attraverso la piattaforma dell’Agenzia, accedendo con le credenziali SPID, CNS o CIE, o eventualmente facendosi aiutare da un Caf. Il periodo di presentazione è dal 2 al 31 ottobre 2023 e non potrà essere presentata più di una domanda di contributo dal richiedente. L’esito dell’accoglimento sarà disponibile entro il 30 novembre 2023.

Troppo lavoro, poca vita: lo pensa quasi il 90% degli italiani

L’87% degli occupati in Italia afferma di dedicare troppo tempo al lavoro. Lo segnalano le ultime ricerche presentate nell’incontro “Il senso del lavoro oggi” organizzato da Unioncamere e la Fondazione per la Sussidiarietà. Questi dati riflettono un’ampia percezione tra i lavoratori italiani riguardo alla necessità di trovare un migliore equilibrio tra vita professionale e personale.

Per oltre il 64% degli intervistati il lavoro serve solo per guadagnare 

Inoltre, il 64,4% degli intervistati ritiene che il lavoro serva solo a ottenere le risorse economiche necessarie per vivere. Questa percezione aumenta al 69,7% tra i giovani. Questi dati mettono in evidenza una crescente consapevolezza tra i lavoratori italiani della necessità di trovare un significato più profondo nel proprio lavoro, al di là del mero scopo economico.

Meno del 50% dei Gen Z non ritiene il lavoro centrale per la propria identità

A livello globale, il 62% dei Millennials considera il lavoro come centrale per la propria identità. Tuttavia, tra la Generazione Z (nati tra il 1997 e il 2012), solo il 49% ha la stessa opinione, suggerendo una diversa prospettiva sul lavoro tra le generazioni più giovani. Durante l’incontro, è stato sottolineato l’importante ruolo del lavoro nella vita delle persone e la valenza di rimettere la persona al centro dell’impresa e dell’economia. Questa visione implica la necessità di attribuire al lavoro il ruolo di azione che risponde ai bisogni e ai problemi della vita, piuttosto che subordinarlo al profitto o all’assistenzialismo.

I quattro obiettivi nelle politiche di sostegno al lavoro

Sono stati identificati quattro obiettivi principali nelle politiche di sostegno al lavoro: aumentare le opportunità di lavoro, migliorare l’accessibilità alle offerte di lavoro esistenti, sostenere coloro che sono senza occupazione attraverso la formazione e promuovere una distribuzione più equa ed efficiente del reddito. Le nuove dinamiche del mondo del lavoro riflettono la crescente importanza di elementi come la solidità economica, la work-life balance, la condivisione dei valori aziendali e la sicurezza. Questi aspetti influenzano le decisioni dei lavoratori e sono considerati prioritari nella ricerca di un lavoro significativo.

Come rispondono le aziende? 

Le aziende stanno rispondendo a queste nuove esigenze dei lavoratori, adottando pratiche per trattenere i talenti, come incentivi economici, un miglior equilibrio tra vita e lavoro, la valorizzazione del ruolo e lo sviluppo delle competenze. Queste iniziative stanno contribuendo a migliorare la produttività e la soddisfazione dei dipendenti.
Infine, è stato evidenziato che il mondo del lavoro sta subendo profonde trasformazioni a livello globale, con un crescente impatto della tecnologia sull’organizzazione del lavoro, sulle competenze richieste e sulle forme di lavoro. Queste trasformazioni stanno generando sfide come il mismatch tra domanda e offerta di occupazione, che richiedono soluzioni innovative e politiche di adattamento.

Milano è la città più multata della Lombardia

Milano, con 151 milioni di euro, è la città che nel 2022 in Lombardia ha incassato i maggiori proventi derivanti da sanzioni legate all’accertamento delle violazioni al Codice della Strada, ma è anche prima a livello nazionale. Nella graduatoria regionale seguono Brescia (11 milioni) e Bergamo (7 milioni), mentre sul versante opposto della classifica, la prima è Sondrio, con quasi 343mila euro, Lodi (369mila) e Cremona (quasi 1,2 milioni di euro). Emerge dall’analisi congiunta Facile.it e Assicurazione.it, realizzata esaminando i rendiconto dei proventi delle violazioni del Codice della Strada pubblicati dalle città capoluogo lombarde.

Nel 2022 in media 174 euro di multe pro capite

Nel 2022 l’importo complessivo raccolto nella regione supera 193 milioni e mezzo di euro, valore che fa guadagnare alla Lombardia il primo posto nella classifica nazionale. Confrontando le somme incassate con il numero di autovetture e motocicli iscritti nei registri della motorizzazione, la classifica lombarda cambia, anche se in prima posizione si trovano ancora i guidatori milanesi. Dai dati ufficiali ACI fanno capo a Milano oltre 870.000 veicoli tra auto e moto, e nel 2022 la ‘spesa pro capite’ per multe legate alle violazioni del Codice della Strada è stata di 174 euro, importo che fa guadagnare ai guidatori meneghini il primato dei più multati d’Italia.

I conducenti lodigiani sono i più virtuosi

Nella graduatoria regionale in seconda posizione si posizionano i conducenti pavesi (quarti nella classifica nazionale) che in media nel 2022 hanno dovuto pagare contravvenzioni pari a 129 euro di importo, mentre al terzo posto i mantovani, dove la ‘multa pro capite’ è pari a 92 euro.
Ai piedi del podio si trova Lecco (84 euro), seguita da Brescia (79 euro), Bergamo (78 euro), Varese (43 euro), Monza (42 euro) e Como, dove automobilisti e motociclisti, in media, hanno dovuto sostenere multe di importo pari a 34 euro. Sanzioni al di sotto dei 30 euro per Sondrio (23 euro), Cremona (22 euro) e Lodi, provincia che con una multa pro capite di soli 12 euro chiude la classifica della Lombardia.

Le contravvenzioni per eccesso di velocità

Limitando l’analisi ai soli proventi derivanti da violazioni ai limiti massimi di velocità emerge che tra le città capoluogo lombarde quella con i maggiori incassi è ancora una volta Milano, con poco meno di 13 milioni di euro nel 2022. Secondo posto ancora per Brescia (quasi 2 milioni di euro), mentre al terzo si classifica Cremona (quasi 310mila euro). Complessivamente, le città capoluogo di provincia lombarde hanno incassato, nel 2022, quasi 15,5 milioni di euro provenienti da violazioni dei limiti massimi di velocità.

Estate 2023: vacanze più brevi alla scoperta del Belpaese


Inflazione e caro vita non demoralizzano gli italiani: quest’estate il 95% andrà in vacanza, anche se per 4 su 10 sarà più breve del passato, verso destinazioni più vicine (30%) e in Italia (81%).
Secondo la ricerca AstraRicerche per Emma Villas oltre la metà dei vacanzieri è pronta a spendere fino a 1.500 euro a settimana, 7 su 10 faranno più di una vacanza nei prossimi 12 mesi, e oltre il 68% vorrebbe vivere l’esperienza di soggiornare in una dimora di pregio. Una passione confermata dall’Osservatorio Emma Villas, che per la stagione estiva segna +62% nel numero delle settimane prenotate in ville e casali di pregio rispetto al 2019, per un totale di 4.931 settimane prenotate tra giugno e settembre.

Meno last minute: vince la programmazione

Il viaggiatore italiano sa cosa vuole e come ottenerlo, non punta più sul last minute (quasi 8 su 10 hanno già prenotato la vacanza) e non vuole rinunciare al tempo libero, soprattutto in ferie (il 74% spegnerà i dispositivi). Solo 2 italiani su 5 scelgono di alternare il lavoro alle vacanze, prediligendo la worktation. Ma molto meglio star via meno giorni e in un luogo di pregio. Si spiega così il boom delle prenotazioni tra giugno e settembre per ville e casali di pregio. Per chi sceglierà questa soluzione, il mese preferito sarà luglio che vede già ora oltre 1.600 settimane prenotate, a fronte di quasi 5mila settimane prenotate per il solo periodo estivo.

Vacation rental: un sogno accessibile all’insegna del pregio

Una villa a uso esclusivo da condividere con amici o familiari potrebbe essere la soluzione ideale per la maggior parte degli italiani. Si tratta, infatti, di un’opzione di vacanza desiderata da quasi 7 italiani su 10, che nella scelta di questa tipologia di vacanza indicano tra i fattori essenziali una location appartata e indipendente, ma vicina a luoghi di interesse culturale (36%), con debole pressione turistica (32%), a uso esclusivo (31%) e in una località iconica (27%). Un sogno per cui 1 italiano su 2 è addirittura disposto a rinunciare ad andare a cena fuori durante l’anno, acquistare prodotti pregiati (29%) o nuovi vestiti (27%) pur di potersela permettere.

Meta preferita? Il mare, meglio se alla scoperta di sapori nuovi

Per gli italiani la vacanza è ancora sinonimo di mare (50%), cultura (37,4%), enogastronomia (31,3%) e relax (36,0%). Inoltre, gli italiani amano viaggiare con gli amici, un must per 1 italiano su 4, con percentuali che aumentano tra gli abitanti del sud (34%) e i più giovani (39%). In generale, l’Italia sarà la meta preferita per oltre l’80% degli italiani, mentre il 15% punta alle destinazioni oltre frontiera. In ogni caso, sul podio regnano incontrastate Salento (30%), Costiera Amalfitana (29%) e sud della Sardegna (27%). E se sono i lombardi i turisti più vacanzieri (oltre 28%), si prevede la presenza massiccia di statunitensi (18%), seguiti da inglesi e tedeschi.

Connected Car & Mobility, il settore accelera nel 2022

Il settore delle auto connesse e della mobilità smart ha continuato a registrare una crescita significativa nel 2022. In Italia, il mercato della Connected Car & Mobility ha raggiunto un valore di 2,5 miliardi di euro, con un aumento del 16% rispetto all’anno precedente. Questo risultato è ancora più notevole considerando le sfide legate alla carenza di semiconduttori e materie prime, oltre all’instabilità economica e politica causata dalla guerra in Ucraina. 

Le soluzioni per l’auto connessa segnano un +10%

La crescita è stata trainata principalmente dalle soluzioni per l’auto connessa, che hanno raggiunto un valore di 1,4 miliardi di euro, con un aumento del 10% in un anno. A queste si sono aggiunti i sistemi di Advanced Driver Assistance Systems (ADAS), come la frenata automatica d’emergenza o il mantenimento del veicolo in corsia, che hanno raggiunto un valore di 740 milioni di euro, con un aumento del 16%. Le soluzioni per la Smart Mobility nelle città, come la gestione dei parcheggi e la sharing mobility, hanno raggiunto un valore di 340 milioni di euro, con un aumento del 48%. Inoltre, la diffusione delle auto connesse è aumentata, con 19,7 milioni di auto connesse in Italia alla fine del 2022, rappresentando il 50% del parco circolante e un’auto su tre per ogni abitante.

Al via le sperimentazioni delle smart road

Nel settore delle auto connesse, sono iniziate le prime sperimentazioni delle smart road. A livello mondiale, sono stati identificati 190 progetti a partire dal 2015, di cui ben 63 sono stati avviati nel 2022, rappresentando un aumento del 43% rispetto all’anno precedente. In Italia, sono state avviate 15 iniziative nel biennio 2021-2022, tra cui la A35 BreBeMi, la A4 Torino-Milano e la A2 Salerno-Reggio Calabria.

Le sfide per l’industria automobilistica italiana

Secondo l’Osservatorio Connected Car & Mobility della School of Management del Politecnico di Milano, il settore dell’auto e della mobilità sta affrontando profondi cambiamenti. Ci sono nuove sfide per l’industria automobilistica italiana e le istituzioni, con impatti diretti e indiretti sull’accettazione dei consumatori finali. Allo stesso tempo, la Smart Mobility sta diventando sempre più importante in Italia grazie alla proliferazione dei progetti e alle opportunità offerte dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). In un contesto caratterizzato da problemi critici come la crisi dei chip, le difficoltà nell’approvvigionamento di componenti e l’aumento dei prezzi delle materie prime e dell’energia, l’evoluzione tecnologica svolge un ruolo chiave per consentire alle aziende di rimanere competitive e creare nuove opportunità di crescita in futuro. Tra le varie tecnologie disponibili, la connettività è considerata una delle più promettenti.

Cosa pensano gli italiani del nuovo Decreto Lavoro?

Dall’ultimo sondaggio Ipsos, pubblicato sulle pagine del Corriere della Sera, emerge un complessivo giudizio positivo da parte del 46% dei nostri connazionali riguardo al nuovo Decreto Lavoro, varato dal Governo in occasione della Festa del Lavoro del Primo Maggio.  Ma se un 14% è più convinto, per un ulteriore 32% tale direzione dovrà essere confermata anche in futuro con il prosieguo della riduzione del cuneo fiscale, il cui termine è stabilito per la fine del 2023.
I contrari, pari al 28%, sono invece del parere che i sostegni sociali siano troppo ridotti rispetto ai bisogni reali. E che tale misura rischi di aumentare la precarietà.

Una sfida ai sindacati?

Per il 33% la scelta di varare il decreto proprio in occasione del Primo Maggio denota un chiaro intendimento da parte del Governo di volere, in qualche misura, ridimensionare l’iconografia complessiva della Festa del Lavoro, sfidando i sindacati.
Il 31% dichiara che la concomitanza fra il varo del decreto e il Primo Maggio sia stata quanto mai opportuna per dare ulteriore importanza alla celebrazione del lavoro, con gli elettori FDI al 58%, gli elettori Lega-FI-Noi moderati al 64%, mentre è di questo parere solamente il 13% dei dem e il 21% dei pentastellati. In merito ai singoli provvedimenti contenuti nel Decreto, la riduzione del cuneo fiscale convince il 48%, a fronte di un 18% che esprime un giudizio negativo, e di un 34% che non si esprime.

Lavoro a termine, voucher e Assegno di inclusione

Per quanto concerne la nuova disciplina del contratto di lavoro a termine, con l’allungamento della durata oltre i 12 mesi e fino a un massimo di 24 mesi, la contrapposizione tra favorevoli e contrari si posiziona in entrambi i casi al 32%, con un 36% di coloro che non si esprimono o non sono a conoscenza di questa modifica. L’estensione della soglia di utilizzo dei voucher per prestazioni occasionali in alcuni settori incontra il favore del 34% e la contrarietà del 31%, mentre il 36% non si esprime. L’Assegno di inclusione e il Supporto per la formazione e il lavoro dei cosiddetti occupabili sono accolti con favore dal 39%. In particolare, il 19% è convinto che tali provvedimenti riducano i rischi di abusi e frodi.

La platea è divisa, o non si esprime

Al contrario il 29% si esprime negativamente (67% elettori del Pd e 65% tra quelli del M5S) perché è del parere che tale cambiamento riduca gli importi erogati (13%) o la platea degli aventi diritto (16%), acuendo i problemi sociali. Anche in questo caso, è elevata (32%) la quota di coloro che non si esprimono sull’introduzione delle nuove norme al posto di quelle previste dal Reddito di Cittadinanza.
Nel complesso si registra un atteggiamento di maggiore favore per le misure contenute nel Decreto Lavoro da parte dei ceti produttivi e dei dipendenti del settore privato, mentre tra disoccupati e dipendenti occasionali, o con contratto a termine, prevale nettamente la quota di coloro che non si esprimono.

Nel 2023 l’88% degli italiani viaggerà di più

Dopo due anni di restrizioni torna il desiderio di viaggiare tra gli europei, sia all’interno del proprio Paese o in un altro Paese del Vecchio Continente, ma anche oltre i confini europei. In particolare, la percentuale di italiani che dichiara di voler mantenere o aumentare la frequenza dei propri viaggi è pari all’88%. Il 2023 si annuncia quindi come anno record per i viaggi. L’89% dei cittadini di Spagna, Germania, Francia, Regno Unito, prevede di fare almeno una vacanza nell’anno in corso, mentre un cittadino su cinque dichiara di voler aumentare il numero dei viaggi rispetto al passato. Sono alcuni dati rivelati dall’Osservatorio EY Future Travel Behaviours.

La spesa influisce sulle scelte

Tra i dati più significativi, quelli sulle destinazioni di viaggio: 3 europei su 4 si muoveranno all’interno del proprio Paese, 3 europei su 5 prevedono di viaggiare in un Paese del Vecchio Continente, e circa il 20% oltre i confini europei. La Spagna è al primo posto tra le mete preferiste per le vacanze in Europa, seguita da Italia e Francia Ma quali sono i fattori che influiscono maggiormente sulle scelte di viaggio? Al primo posto la spesa, specie con riferimento al diminuito potere d’acquisto dovuto alla crescita dell’inflazione. Emerge infatti una propensione al risparmio, al punto che 2 persone su 3 sarebbero disposte a cambiare le proprie abitudini di viaggio a causa di una riduzione del potere di acquisto. Ma c’è anche un 19% che pur in condizione di recessione economica non rinuncerebbe a viaggiare, sacrificando piuttosto altre voci di spesa.

Per i GenZ vacanze green

Un altro fattore che influenza i comportamenti e le intenzioni di viaggio è l’impatto ambientale. Dai test impliciti emerge che per 1 persona su 2 l’impatto ambientale è un fattore importante per le proprie scelte. Una sensibilità verso i viaggi green dimostrata anche dal fatto che 6 viaggiatori su 10 sarebbero disposti a pagare costi aggiuntivi per compensare le emissioni di CO2.
E se sono i giovani della Generazione Z a dimostrare una spiccata propensione a viaggiare, sono anche quelli maggiormente influenzati dalla sostenibilità nelle loro scelte. E per questo, ad avere necessità di informazioni sulle opzioni di viaggio sostenibili. Inoltre, la maggioranza dei giovani viaggiatori si dichiara disponibile a pagare un extra per compensare le emissioni.

Il futuro sarà a misura del viaggiatore

Tra le altre tendenze rilevate dall’Osservatorio cresce l’interesse nei confronti dei viaggi di natura ibrida, che uniscono motivi di lavoro e vacanza in forme differenti, in particolare il fenomeno workation.
Quanto ai trend del futuro per il settore, riporta Adnkronos, l’Osservatorio evidenzia la personalizzazione dell’esperienza di viaggio, che rappresenta un importante fattore di scelta per 2 interpellati su 3. Dunque, appare sempre più indicata per gli operatori del settore poter garantire un’offerta quanto più possibile su misura per tipologia di viaggiatore.

Climate change, gli italiani cosa sarebbero disposti a fare per contrastarlo?

Il 22 aprile cade un appuntamento importante, la Giornata della Terra. Un’occasione per celebrare e tutelare il nostro pianeta, un momento educativo e informativo voluto inizialmente da John Fitzgerald Kennedy e sostenuto poi dal senatore democratico Gaylord Nelson. In concomitanza con questo evento, Ipsos ha condotto un sondaggio globale intervistando persone in 29 paesi per esplorare le loro opinioni sul cambiamento climatico e su quali azioni tendano a vedere come più impattanti nel ridurre le emissioni di CO2.

Solo il 29% degli italiani pensa che la politica abbia un piano efficace

Il sondaggio mostra che in Italia solamente il 29% dei cittadini crede che il governo abbia un piano chiaro su come operare contro il cambiamento climatico. Inoltre, anche la convinzione di dover agire contro i cambiamenti climatici per salvare le future generazioni è in calo rispetto al precedente anno a causa delle altre crisi globali.

Italia leader nel cambiamento? Non esattamente

In Italia, non si pensa che il proprio paese sia leader nell’affrontare questa emergenza. Tuttavia, la maggioranza concorda nel ritenere che ciascuno dovrebbe fare di più. Il 61% del campione pensa che l’obbligo maggiore ricada sui paesi più responsabili dell’emergenza climatica, ma allo stesso tempo è consapevole del fatto che nessuno può affrontarlo da solo.
Gli intervistati hanno dimostrato di essere consci dell’importanza dell’azione individuale: sette su dieci (70%) concordano sul fatto che se ognuno facesse piccoli cambiamenti nella propria vita quotidiana, ciò potrebbe avere un grande impatto nella lotta al cambiamento climatico. Inoltre, anche se le condizioni economiche attuali sono difficili, il 41% degli italiani pensa che sia giunto il momento di investire in misure necessarie a contrastare i cambiamenti climatici, considerato anche l’impatto negativo su Paesi ormai vicini.

C’è anche chi pagherebbe più tasse contro il climate change 

In merito alle azioni messe in atto dai singoli individui c’è una quota in Italia, seppure minoritaria del 22%, che afferma di essere addirittura disposto a pagare più tasse del proprio reddito per contrastare il cambiamento climatico (il 39% si dichiara contrario). Invece, quote maggiori ritengono che sarebbero maggiormente incoraggiate a intraprendere azioni per combattere il cambiamento climatico se: avessero un incentivo finanziario o una riduzione delle tasse che permetta loro di acquistare bene e servizi rispettosi dell’ambiente (39%); avessero un facile accesso alle informazioni (29%); vedessero più chiaramente l’impatto degli eventi meteorologici causati dal clima nel proprio Paese (26%).

Italiani verso l’auto elettrica se dovessero cambiare macchina

Si sa che i nostri connazionali sono tradizionalmente “affezionati” alla macchina. Ma cosa potrebbe succedere de diventasse effettiva l’ipotesi avanzata dal Parlamento europeo di vietare la vendita di auto a benzina e diesel a partire dal 2035? Questa proposta ha suscitato molte discussioni in Italia. Secondo un’indagine commissionata da Facile.it agli istituti mUp Research e Norstat, quasi 17 milioni di italiani (il 38,7% della popolazione) opterebbero per un veicolo ibrido se dovessero cambiare auto entro il 2035. Questa percentuale raggiunge addirittura il 43% tra i rispondenti del Centro Italia. Inoltre, oltre 7,5 milioni di rispondenti (17,9%) opterebbero per una vettura completamente elettrica. Questa quota sale al 19,8% tra i cittadini del Nord Est.

I più giovani i più sensibili al tema green

Le generazioni più giovani sono quelle maggiormente propense all’acquisto di auto con alimentazione alternativa: il 43,6% degli italiani con un’età compresa tra i 25 e i 34 anni sarebbe indirizzato all’acquisto di un veicolo ibrido, mentre il 26,6% dei 18-24enni sceglierebbe un’auto completamente elettrica. In caso di acquisto anche prima del 2035, il 9,9% degli italiani non comprerebbe più una vettura ma opterebbe per mezzi alternativi, mentre quasi 4 milioni si indirizzerebbero al noleggio a lungo termine.

1 su 3 sceglierebbe l’elettrico e il noleggio

Inoltre, l’indagine ha voluto indagare cosa farebbero i nostri connazionali se dovessero comprare un nuovo veicolo dopo il 2035, quando potrebbe non essere più possibile scegliere i motori a diesel o benzina. Più di 1 su 3 (quasi 15 milioni di italiani) comprerebbe un’automobile elettrica, valore che sale al 46,8% tra i 18-24enni, coloro che, per motivi anagrafici, più probabilmente effettueranno l’acquisto di un mezzo dopo il 2035. Più di 4 milioni (9,7%) sono coloro che useranno solo auto a noleggio lungo termine, mentre il 7% opterebbe per i mezzi pubblici. Tanti, circa 13,5 milioni, gli italiani che invece non hanno ancora le idee chiare su come si comporteranno in caso di acquisto dopo il 2035.

Fondamentali incentivi e infrastrutture

In conclusione, l’indagine di Facile.it conferma che gli italiani sono pronti ad abbracciare l’innovazione tecnologica nel settore dell’automobile, con un’ampia percentuale di cittadini disposti ad acquistare veicoli a alimentazione alternativa. Tuttavia, è importante che le politiche pubbliche siano in grado di supportare questo cambiamento, ad esempio con incentivi per l’acquisto di auto elettriche e la creazione di infrastrutture di ricarica adeguate.

Riforma fiscale 2023: tre aliquote Irpef e flat tax

Il Consiglio dei ministri ha dato il via libera alla riforma fiscale 2023, il cui obiettivo prevede l’introduzione di tre aliquote Irpef e la flat tax. Per l’Irpef, in particolare, si prevede una revisione dell’intero meccanismo di tassazione del reddito delle persone fisiche, in modo da attuare gradualmente l’obiettivo della ‘equità orizzontale’ attraverso l’individuazione di un’unica fascia di esenzione fiscale e un medesimo onere impositivo, a prescindere dalle diverse categorie di reddito prodotto. Vien privilegiata, quindi, l’equiparazione tra redditi di lavoro dipendente e redditi di pensione, riconoscendo la deducibilità delle spese sostenute per la produzione del reddito di lavoro dipendente e assimilato, e applicando, in luogo delle aliquote per scaglioni di reddito, un’imposta sostitutiva dell’Irpef e relative addizionali con aliquota agevolata su una base imponibile. Di conseguenza, viene effettuata la complessiva revisione delle tax expenditures (attualmente 600 voci e 125 miliardi di spesa).

Riduzione aliquota IRES, ma a due condizioni

La revisione del sistema di imposizione sui redditi delle società e degli enti sarà basata sulla riduzione dell’aliquota Ires qualora vengano rispettate alcune condizioni: una somma corrispondente, in tutto o in parte, al reddito sia impiegata in investimenti/nuove assunzioni, e gli utili non siano distribuiti/destinati a finalità estranee all’esercizio dell’attività d’impresa. La condizione collegata all’effettuazione degli investimenti ha lo scopo di favorire la crescita economica e l’incremento della base occupazionale, con particolare riferimento ai soggetti che necessitano di maggiore tutela, senza interferire con i vigenti regimi di decontribuzione. In questo caso, la riduzione dell’aliquota precede l’effettuazione degli investimenti, che devono essere operati entro i due periodi d’imposta successivi a quello nel quale è stato prodotto il reddito assoggettato a imposizione con l’aliquota ridotta.

Revisione dell’IVA

Per la revisione dell’imposta sul valore aggiunto (Iva) i criteri specifici prevedono la revisione della definizione dei presupposti dell’imposta al fine di renderli più aderenti alla normativa dell’Unione europea e delle norme di esenzione. In particolare, riporta Adnkronos, razionalizzazione del numero e della misura delle aliquote, revisione della disciplina della detrazione, e razionalizzazione della disciplina del gruppo Iva al fine di semplificare le misure previste per l’accesso e l’applicazione dell’istituto.

Abrogazione dell’Irap e rafforzamento dello Statuto del Contribuente 

Si dispone poi una revisione organica dell’Irap, volta all’abrogazione del tributo e la contestuale istituzione di una sovraimposta Ires, tale da assicurare un equivalente gettito fiscale per garantire il finanziamento del fabbisogno sanitario, nonché il finanziamento delle Regioni che presentano squilibri di bilancio sanitario. Inoltre, si rivede lo Statuto del Contribuente, con un consolidamento dei principi del legittimo affidamento del contribuente e della certezza del diritto, prevedendo il rafforzamento, da parte dell’ente impositore, dell’obbligo di motivazione e del diritto di accesso agli atti del procedimento tributario, funzionale al corretto dispiegarsi del diritto al contraddittorio.